RECENSIONI PUBBLICATE

ANSA 26 MAGGIO 2010

 

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LIBRI: STORIA DELLA GEOFISICA ITALIANA
(NOTIZIARIO SCIENZA E TECNICA)
   (ANSA) - ROMA, 26 MAG - La storia della geofisica italiana
degli anni '30 e '40, in un periodo di grandi trasformazioni e
travagli della scienza nazionale, e' stata ricostruita in un
libro da un giornalista scientifico, Franco Foresta Martin, e
dall'archivista Geppi Calcara.
   ''Per una storia della Geofisica italiana. La nascita
dell'Istituto Nazionale di Geofisica (1936) e la figura di
Antonino Lo Surdo'' (edizioni Springer) e' il titolo del volume,
il cui punto di partenza e' la decisione di avviare la
costituzione di un Istituto Nazionale di Geofisica (Ing), presa
nel 1931 dall'allora presidente del Consiglio Nazionale delle
Ricerche (Cnr), Guglielmo Marconi. Con quella decisione,
rilevano gli autori, Marconi recepi' le richieste di
rinnovamento della Fisica terrestre avanzate dai settori piu'
sensibili del mondo accademico.
  In un'Italia martoriata da terremoti ed eruzioni erano
indispensabili reti di sorveglianza piu' efficienti e studi
aggiornati, il compito di organizzare il settore venne affidato
al fisico Antonino Lo Surdo. Nominato da Marconi direttore del
nuovo istituto del Cnr, Lo Surdo riusci' in pochi anni a
mobilitare uomini e risorse.
   Sulla base di documenti inediti e pubblicazioni scientifiche
dell'epoca, emerge una storia che ha coinvolto protagonisti del
mondo scientifico dell'epoca, fra i quali molti collaboratori e
seguaci di Enrico Fermi. (ANSA).
 
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ADNKRONOS 27 MAGGIO 2010

 

Libri: esce 'Per una storia della geofisica italiana' di Foresta Martin e Calcara

La nascita Istituto Nazionale di Geofisica (1936) e la figura di Antonino Lo Surdo

 

Roma, 27 mag. (Adnkronos)- Di Guglielmo Marconi, celebratissimo inventore della "telegrafia senza fili" e sperimentatore delle onde radio, è passato quasi in secondo piano il ruolo di grande organizzatore della ricerca scientifica italiana fra le due guerre. Infatti, dal 1927 fino alla sua morte avvenuta nel luglio 1937, Marconi fu presidente del Cnr e si adoperò per il rinnovamento della scienza italiana in vari settori di importanza strategica per lo sviluppo economico e civile. Un rinnovamento che diede vita per la prima volta nel nostro Paese all'Istituto Nazionale di geofisica.

Ora nel libro "Per una storia della Geofisica italiana" (Springer editore), basandosi sul ritrovamento di documenti di archivio inediti e sull’analisi di pubblicazioni scientifiche dell’epoca, il giornalista scientifico e geologo Franco Foresta Martin e la dottoressa in Archivistica Geppi Calcara, autori del volume, hanno ricostruito la storia di questa impresa che si sviluppa nello stesso contesto della scuola di fisica romana degli anni Trenta, coinvolgendo molti dei collaboratori e seguaci di Enrico Fermi.

Foresta Martin e Calcara, che presentano oggi il volume nella sede dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), a Roma, raccontano come Marconi raccolse le richieste di rinnovamento della Fisica Terrestre avanzate dai settori più sensibili del mondo accademico e, fra non poche difficoltà e contrasti, avviò la costituzione di un moderno Istituto Nazionale di Geofisica (Ing) come organo di ricerca interno al Cnr stesso. L’Italia martoriata da ricorrenti crisi sismiche e vulcaniche necessitava di reti di sorveglianza più efficienti e di un ammodernamento degli studi: l’impresa fu affidata a un fisico affermato, Antonino Lo Surdo che, nominato direttore del nuovo istituto del Cnr, in pochi anni ebbe la capacità di mobilitare uomini e risorse per il raggiungimento dell’obiettivo. (segue)

(Ada/Col/Adnkronos)

 

Libri: esce 'Per una storia della geofisica italiana' di Foresta Martin e Calcara (2)

(Adnkronos)- Nel volume gli autori raccontano non solo tutte le peripezie che dovette affrontare Marconi per rendere operativo l'Ing nel 1936, ma anche i brillanti risultati scientifici conseguiti dall'istituto nei primi anni di attività, fino alla morte del primo direttore Lo Surdo nel 1949: la realizzazione della prima rete di sorveglianza sismica in Italia, gli studi sui raggi cosmici, gli esperimenti con le micro onde, la realizzazione delle prime stazioni di monitoraggio ionosferiche, gli studi sulla radio attività terrestre, eccetera.

Fanno da sfondo alla storia gli anni del consenso al fascismo, della guerra mondiale e della defascistizzazione, durante i quali virtù scientifiche e debolezze umane di alcuni protagonisti si evidenziano con stridente contrasto. "Mi sono immerso in questa vicenda con lo spirito del cronista, cercando di fare parlare le carte e le pubblicazioni scientifiche abilmente scovate in archivi e biblioteche dalla coautrice" sottolinea Franco Foresta Martin, che per oltre trent'anni è stato redattore scientifico del Corriere della Sera.

"Ne è venuta fuori -aggiunge Foresta Martin- una storia in cui talenti umani e risultati scientifici di prima grandezza, devono fare i conti col difficile rapporto fra scienza e potere politico che ha sempre segnato il nostro Paese. Un racconto in cui appassionate e generose competizioni, si alternano a dilanianti contrasti fra scienziati. Insomma, una storia emblematica e ancora attualissima, nonostante il tempo trascorso".

(Ada/Col/Adnkronos)

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE  1/2010

Il bimestrale dell'ENEA ha pubblicato nel numero di gennaio-febbraio 2010, alle pagine 18-22, un capitolo del libro "Per una storia della geofisica italiana" dedicato all'energia eolica. Il testo è visibile in formato pdf sul sito:

http://www.gses.it/pub/ForestaMartin_Calcara.pdf.

LAB IL SOCIALISTA 28 MAGGIO 2010

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L'UNITA' 26 GIUGNO 2010

Così nacque la geofisica in Italia
di Pietro Greco

È una storia vera, quella che narrano Franco Foresta Martin e Geppi Calcara nel libro in cui ricostruiscono «la nascita dell’Istituto Nazionale di Geofisica (1936) e la figura di Antonino Lo Surdo». Non solo perché nel loro volume – «Per una storia della geofisica italiana», Springer editore, 2010, pagg. 278, euro 23,00 – Franco Foresta Martin, storico giornalista scientifico del Corriere della Sera e geochimico, e Geppi Calcara, bibliotecaria che da alcuni anni lavora all’Archivio Centrale dello Stato curando in particolare i documenti e le carte del Consiglio nazionale delle Ricerche, ricostruiscono con rigorosa forza documentale un passaggio decisivo nella costruzione di una rete di istituzioni scientifiche con cui l’Italia, nella prima parte del secolo scorso e in pieno fascismo, cerca di diventare malgrado tutto un paese moderno e di acquisire le capacità tecniche di gestire quella che verrà poi definita «la società del rischio».  Ma il libro narra una storia vera anche perché ci restituisce in tutta la sua complessità, con le sue molte luci scientifiche e le sue ancora più numerose ombre umane e politiche, la figura di un fisico, Antonino Lo Surdo, che di questa vicenda è protagonista di primo piano. Il contesto di questa storia è noto. L’Italia all’inizio del XX secolo è un paese ancora arretrato, ma che vanta una comunità scientifica vivace che, in alcuni ambiti, raggiunge vette assolute. L’Italia – insieme alla Francia e alla Germania – vanta, infatti, la migliore comunità matematica del mondo. Al cui apice, se un apice esiste, c’è Vito Volterra: analista di gran classe, che non si limita a studiare la matematica pura ma si pone anche il problema di creare in Italia una rete di ricerca capace di contribuire a rendere più moderno il paese. Per questo progetta e tiene a battesimo il Consiglio Nazionale delle Ricerche, un’istituzione pubblica che abbia come obiettivo quello di rendere la scienza una leva per lo sviluppo industriale e per la sicurezza del paese.  Ma all’inizio degli anni ’20 il fascismo assume il potere e per Volterra si mette male. Il matematico, infatti, è contrario al regime. Nel 1931 è uno dei 14 professori universitari che si rifiuteranno di giurare fedeltà al fascismo. Ma già nel 1927 era stato cacciato dal “suo” CNR, alla cui direzione Mussolini chiama un uomo di grande prestigio e di maggiore compiacenza, come Guglielmo Marconi.  Il premio Nobel per la fisica e inventore della radio vuole rendere il CNR un organo del Regime, ma ne ribadisce la missione di fondo. Contribuire alla sicurezza e allo sviluppo del paese. Tra le diverse necessità da affrontare ce ne sono due, in particolare. Imparare a gestire il rischio sismico e vulcanologico cui l’Italia è particolarmente esposta – sono recenti il terremoto di Casamicciola (1883), l’eruzione del Vesuvio (1906), il terremoto con conseguente tsunami di Messina (1908), il sisma di Avezzano (1915) – iniziando a creare una rete fitta e moderna di rilevamento. E iniziare a studiare con regolarità l’atmosfera e, in particolare, la meteorologia. Marconi e i suoi collaboratori iniziano a pensare a un Istituto non molto diverso dall’attuale Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Ma alla fine prevalgono la proposta e l’indirizzo di Antonino Lo Surdo: l’istituto si occuperà più della fisica terrestre che dell’atmosfera, anche perché alla meteorologia è interessata direttamente l’Aeronautica Militare. L’Istituto Nazionale di Geofisica nasce nel 1936. Non senza difficoltà. Ma, grazie a Lo Surdo, infine riesce a imporsi e a stabilizzarsi. A conseguire il successo. Nei primi dodici anni di vita produrrà 200 lavori scientifici. La maggioranza nel campo della sismologia. Ma ci saranno lavori anche nel campo della ionosfera e delle onde radio e, soprattutto, nel campo dei raggi cosmici. Dove l’Italia, grazie prima a Bruno Rossi e poi anche a vari gruppi, tra cui quello romano di Gilberto Bernardini, eccelle.  Insomma, il direttore Lo Surdo non intende farne un organo meramente tecnico. E ci riesce. L’Istituto Nazionale di Geofisica costituisce la base su cui poi si sviluppa nel dopoguerra una forte attività di ricerca che farà dell’Italia uno dei paesi più ricco di conoscenza nel campo sismico e vulcanologico. Condizione essenziale per avere una buona capacità di prevenzione dei rischi associati a terremoti e vulcani.  Ma, dicevamo, di Antonino Lo Surdo. I due autori del libro, Foresta Martin e Calcara, hanno il merito di andare oltre le caratterizzazioni – le uniche finora giunte al grande pubblico – che del personaggio ne hanno fatto Emilio Segré e Laura Capon, come nemico irriducibile di Enrico Fermi e dei ragazzi di via Panisperna.  Lo Surdo è meno nemico della “nuova fisica” di quanto i due autorevoli testimoni che abbiamo citato lasciano trasparire. Ha certo un carattere burbero. È e si sente in competizione con Fermi, ma non è un nemico irriducibile né del gruppo di fisici nucleari che lavora a via Panisperna né della fisica che essi studiano. E, infatti, collabora in maniera attiva con Gilberto Bernardini allo sviluppo delle ricerche sui raggi cosmici. Tuttavia egli è coinvolto con il regime fascista. Anche nei momenti più bui, quando – per esempio – Mussolini vara le leggi razziali non esita a mostrare un certo zelo, impedendo al grande matematico Guido Castelnuovo di accedere alla biblioteca dell’Istituto di Fisica perché ebreo. In ogni caso è dal regime che è stato nominato alle sue numerose cariche da dirigente.  Alla fine della guerra non subirà l’epurazione. Anche se sarà momentaneamente sospeso dall’Accademia dei Lincei, per poi essere riabilitato (con voto favorevole di Castelnuovo). Molti, tuttavia, non lo guarderanno con simpatia. E alla sua morte, nel 1949, ci sarà una certa difficoltà a trovare che lo commemori alla libera Accademia fondata da Cesi.  Come si vede, Antonino Lo Surdo – fisico sperimentale di gran vaglia, forse persino meritevole di un Nobel per aver messo a punto una tecnica di scomposizione delle righe spettrali in maniera indipendente, ma analoga a quella di Johannes Stark (un fisico tedesco insignito del Nobel e poi fervente nazista) non è un personaggio a tutto tondo. Ma ha mille sfaccettature. Simbolo di un’epoca in cui l’Italia – posta di fronte alle esigenze della modernizzazione – si smarrì, fluttuando priva di lucidità, più a lungo di ogni altro paese in Europa, fra insanabili contraddizioni che si risolsero in tragedia.
26 giugno 2010
http://www.unita.it/news/scienza_recensioni/100424/cos_nacque_la_geofisica_in_italia

 

 

ALMANACCO DELLA SCIENZA, CNR, 14 LUGLIO 2010

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LA STAMPA.it  19 LUGLIO 2010

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SCIENZA

 

Il cielo

19/07/2010

 

Lo Surdo, padre (discusso)
della geofisica italiana

 

PIERO BIANUCCI

Finalmente una buona notizia. E’ un po’ come se una persona che all’anagrafe risulta di 65 anni scoprisse che è più giovane di un anno: da 65 a 64 non fa una gran differenza, ma è sempre meglio un anno in meno che uno in più. Possiamo dire la stessa cosa, fatte le debite proporzioni, della nostra Terra: uno studio appena uscito sulla rivista “Nature Geoscience” ci racconta che il nostro pianeta si formò in appena 30 milioni di anni e non in 100 come finora si riteneva. L’età scende quindi da 4,467 miliardi di anni a 4,537.

Il risultato porta la firma di John Rudge dell’Università di Cambridge e si fonda sul confronto quantitativo tra isotopi di elementi chimici terrestri e gli stessi isotopi trovati nelle meteoriti tenendo conto del loro tempo di decadimento. La conclusione finale è che i due terzi del materiale che forma il nostro pianeta si aggregò in un tempo molto breve; a questa fase convulsa seguì un accrescimento molto più lento.

Con la ricerca di Rudge siamo davvero alle radici prime della geofisica, scienza che ho sempre trovato affascinante anche e soprattutto in quanto la sento come un capitolo speciale dell’astronomia: in fondo, la Terra è essenzialmente un pianeta, e quello più vicino a noi.

Che poi lo studio di questo nostro pianeta si articoli in tante discipline diverse come meteorologia, climatologia, glaciologia, oceanografia, sismologia, geomagnetismo e tante altre, aggiunge altro fascino e interesse. Lo sviluppo della teoria della deriva dei continenti elaborata da Wegener all’inizio del Novecento nella moderna “tettonica a placche” ha inoltre fornito un grande paradigma scientifico che ha permesso, negli ultimi cinquant’anni, di inquadrare in modo unitario molti fenomeni geofisici apparentemente lontani, ponendosi nelle geoscienze un po’ come il Modello Standard rispetto alla fisica delle particelle, l’evoluzionismo rispetto alla biologia e la relatività rispetto alla cosmologia.

Le geoscienze in Italia funzionano bene. L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha una produzione tra le migliori e più abbondanti al mondo, e nonostante le solite difficoltà di finanziamento (c’è stato il rischio che con la manovra Tremonti appena approvata scomparisse fagocitato nel Cnr insieme con l’Inaf e altri importanti istituti) opera con strumenti d’avanguardia. Tanto per fare un esempio, è in corso nelle profondità del mar Tirreno, dove sorge il vulcano sommerso Marsili, una campagna con sensori sismici Gualp e sensori di pressione Dpg (Differential Pressure Gauge). Ricordiamo che il Marsili è il vulcano più grande d’Europa e tra le più notevoli strutture vulcaniche sommerse del mondo.

Ma quali sono le origini della geofisica italiana? E’ questo il tema del libro che hanno appena pubblicato presso l’editore Springer Franco Foresta Martin (foto), geochimnico e firma autorevole del giornalismo scientifico, e Geppi Calcara, studiosa dell’Archivio Centrale di Stato.

“Per una storia della geofisica italiana””, questo il titolo, è un lavoro di grande interesse per i documenti inediti sui quali si fonda. Ripescati talvolta fortunosamente nel Fondo Cnr custodito all’Archivio centrale di Stato e nell’archivio storico dell’Ing, lettere, pubblicazioni, documenti amministrativi hanno illuminato un capitolo poco noto della ricerca italiana e ridisegnato la figura di uno scienziato, Antonino Lo Surdo, fino a ieri liquidato troppo sbrigativamente.

L’Istituto nazionale di Geofisica nasce nel 1936 quasi dal nulla. All’epoca esisteva soltanto un modesto Ufficio centrale di Meteorologia e Geodinamica che risaliva al 1887. Il Cnr era stato da poco riformato e dal 1927 stava sotto la guida di Guglielmo Marconi, premio Nobel nel 1909 per aver inventato la “telegrafia senza fili”, scienziato assunto dal fascismo come una propria bandiera. A guidare l’Istituto nazionale di geofisica fu chiamato Antonino Lo Surdo, uomo ben inserito nel regime e gradito a Mussolini, circostanze che tuttavia non dovrebbero condizionare il giudizio sul suo lavoro scientifico, come invece è spesso avvenuto. Certo a giocare negativamente hanno contribuito anche il suo carattere controverso, l’attaccamento alla poltrona della presidenza Ing fino al 1949 e, negli Anni 30, le ostilità tra Lo Surdo ed Emilio Segré e il grande gruppo di fisici riunito sotto la guida di Enrico Fermi nell’Istituto di via Panisperna a Roma.

E’ comunque un atto di giustizia quello che compie Franco Foresta Martin ricordando i notevoli contributi scientifici di Lo Surdo, a cominciare da quello che lo portò a sfiorare il premio Nobel per la fisica che fu invece poi conferito nel 1919 a Johannes Stark per la scoperta, nel 1913, dello sdoppiamento delle righe spettrali sotto l’azione di un campo elettrico, fenomeno analogo all’effetto Zeeman dovuto al campo magnetico. Sulla base dei documenti, Foresta Martin ribadisce la priorità di Lo Surdo, che tuttavia fu poi esitante nel comunicare i suoi risultati, favorendo così il sorpasso del fisico tedesco. Magra consolazione, Garbasso si prodigò poi perché la scomposizione delle righe spettrali sotto campo elettrico venisse chiamato “Effetto Stark-Lo Surdo”.

Rimangono in ogni caso, nel campo geofisico, altri indiscussi contributi che vanno dalla costituzione della rete sismica italiana all’oceanografia, ai raggi cosmici, aglki studi sulla ionosfera. Il tutto riassumibile in due cifre: quasi 200 lavori pubblicati in 12 anni.

LETTERA MATEMATICA PRISTEM N.76 LUGLIO 2010

 

Il trimestrale Lettera Matematica Pristem ha pubblicato nel numero di luglio 2010, alle pagine 41-43 alcuni estratti del capitolo 14 del volume "Per una storia della geofisica italiana", dedicato alle ricerche sui raggi cosmici che vennero effettuate a Roma, tra gli anni '30 e '40, nell'ambito di una collaborazione fra fisici e geofisici dell'ING.

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2 AGOSTO 2010

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Recensione

Per una storia della geofisica italiana

di  Fabio Pagan

Anno 1938. Il direttore del neocostituito Istituto Nazionale di Geofisica (ING) lancia un progetto innovativo che ben s'inserisce nell'economia autarchica del fascismo: cercare di sfruttare l'energia del vento per la produzione di elettricità allo scopo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, allineandosi così a quanto avevano cominciato a fare in special modo Stati Uniti e  Danimarca. Per individuare i siti migliori ove installare le centrali eoliche italiane vengono scelte tre regioni in cui avviare le prime indispensabili analisi anemologiche: la Liguria, l'Istria, la Calabria. Per la compilazione delle “mappe del vento” era stato intanto realizzato nei laboratori dell'ING un nuovo tipo di anemografo, che una ditta di Bologna avrebbe costruito in serie. Ma l'incalzare degli eventi bellici bloccherà il progetto e gli anemografi rimarranno imballati nei magazzini dell'ING per tutta la durata del conflitto.

Il direttore dell'ING cui si deve la lungimirante proposta – e inutili furono anche i suoi tentativi di rilanciare il progetto negli anni del primo dopoguerra – era Antonino Lo Surdo, un fisico sperimentale nato a Siracusa nel 1880 il cui nome è oggi noto ai cultori di storia della fisica soprattutto per i contrastati rapporti che egli ebbe con il gruppo dei “ragazzi” di Enrico Fermi, mentre resta del tutto sconosciuto al pubblico generico  (anche se a Roma esiste una via Lo Surdo a fianco di viale Marconi e se nell'80 venne emesso un francobollo commemorativo con il suo ritratto).

E' lui il personaggio centrale attorno al quale ruotano le vicende che Franco Foresta Martin, giornalista scientifico tra i più esperti in Italia (nonché geochimico di formazione), e Geppi Calcara dell'Archivio Centrale dello Stato ricostruiscono nel volume intitolato Per una storia della geofisica italiana. Il libro è frutto del  ritrovamento di documenti inediti e della minuziosa analisi di pubblicazioni dell'epoca. Gettando così nuova luce su un periodo drammatico e cruciale della scienza nazionale e rivalutando al tempo stesso la figura di Antonino Lo Surdo sia come scienziato sia come organizzatore di ricerca.

La storia inizia intorno al 1930, dopo che Mussolini aveva affidato la direzione del Consiglio Nazionale delle Ricerche al premio Nobel Guglielmo Marconi allo scopo di rilanciare la scienza italiana. Si partì dalla riorganizzazione dei servizi meteorologici, allora chiamati “servizi di presagi meteorologici” e inseriti nell'ambito della geofisica. E – sulla scia dei disastrosi terremoti e delle eruzioni vulcaniche che negli ultimi decenni avevano provocato danni e vittime ingentissimi – si realizzò una rete di monitoraggio sismico e un primo embrione di protezione civile. Ma l'Ufficio di meteorologia e geofisica (che aveva sede nello storico Collegio Romano fondato dai gesuiti nel Cinquecento) non offriva le necessarie garanzie per il coordinamento dei nuovi servizi.

E' per questa ragione che il 15 novembre 1936 viene creato l'ING (che nel 1999 diventerà INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Marconi nomina alla direzione del nuovo istituto Antonino Lo Surdo, ordinario di Fisica superiore all'Università di Roma “La Sapienza”, appassionato di fisica terrestre. Un interesse condiviso dal suo ben più quotato collega Enrico Fermi. I rapporti tra i due sono pessimi, come racconterà anche (con qualche discrezione) Laura Capon Fermi nel suo libro autobiografico “Atomi in famiglia”. E ancora peggiori quelli tra Lo Surdo ed Emilio Segrè, i cui giudizi corrosivi erano ben noti e temuti.

Lo Surdo viene descritto come uomo rigido e formale, autoritario e paternalistico. Un carattere scontroso e difficile, probabilmente anche a causa della tragedia personale che l'aveva colpito con la perdita dei familiari e della fidanzata nel terremoto di Messina, dove egli era invece riuscito a scampare alla morte. Anche le sue conoscenze scientifiche erano spesso oggetto di ironie da parte dei più giovani e brillanti colleghi. Eppure Edoardo Amaldi (per quanto avesse fatto parte, come è noto, del gruppo di via Panisperna) ne metterà successivamente in evidenza i meriti scientifici. Lo Surdo era infatti uno studioso eclettico, che nel corso della sua vita s'interessò di sismologia e di meteorologia, di spettroscopia e di elettronica, di microonde e di radioattività. Ma che pubblicò sempre e solo su riviste italiane, come del resto avveniva allora per la gran parte dei nostri scienziati.

Il momento di maggior gloria per Lo Surdo fu quando, studiando l'effetto di un campo elettrico sullo spettro di emissione di un gas,  aveva ottenuto con tecniche differenti lo stesso risultato del tedesco Johannes Stark, che per questo riceverà il Nobel nel 1919. Tanto che il fenomeno viene anche definito (almeno in Italia) come effetto Stark-Lo Surdo. E durante la prima guerra mondiale aveva lavorato su progetti militari segreti, in particolare sulla cosiddetta “ascoltazione” del rumore dei sottomarini in immersione utilizzando tecniche messe a punto dagli americani.

Ma fu nella gestione dell'ING e nella direzione dell'Istituto di fisica romano (dove succedette nel 1937 a Orso Mario Corbino, il “protettore” del gruppo di Fermi) che Antonino Lo Surdo diede il meglio di sé, valorizzandone gli scienziati e le attività. Pur legato al fascismo e zelante esecutore delle leggi razziali, Lo Surdo appoggerà e finanzierà le ricerche sui raggi cosmici di Gilberto Bernardini che furono l'antefatto dei celebri esperimenti di Conversi, Pancini e Piccioni, per molti versi considerati la nascita della fisica delle particelle. E questo nonostante certe demenziali e surreali accuse di “ricerche giudaiche” nei confronti di tali esperimenti da parte di fogli e intellettuali di regime.

Durante la guerra Lo Surdo si impegnò a motivare il personale dell'ING per portare avanti studi e ricerche, tanto che vi fu una vera e propria mobilitazione per mantenere attive le stazioni sismiche nonostante i danni subìti a causa delle azioni militari e dei bombardamenti aerei alleati (come quelli che colpirono l'Ateneo romano e l'Osservatorio Geofisico di Trieste). Suddivisa tra Roma e Pavia, la rete geofisica dell'ING riuscì così a sopravvivere alla guerra. Lo Surdo, inoltre, aveva dapprima tentato (invano) di ottenere la dispensa dall'invio al fronte per il suo personale scientifico e tecnico, riuscendo comunque a strappare a loro favore esoneri, licenze, rimpatri. Anche per queste ragioni, caduto il fascismo, non subirà alcuna reale forma di ritorsione accademica, a parte una momentanea sospensione dall'Accademia dei Lincei.

Nel 1945 l'ING si stacca dal CNR. Lo Surdo continua a dirigerlo, con una presenza puntuale e costante in istituto (dove comunque suscita sempre poche simpatie) fino al 1949, quando morirà per un ictus cerebrale poco dopo essere rientrato a Roma da Messina. Aveva 69 anni.

Una curiosità. Nella ricchissima e meticolosa ricostruzione di Foresta Martin e Calcara, corredata oltretutto da numerose fotografie, tre pagine sono dedicate alla folcloristica vicenda del “raggio della morte” che – secondo certe testimonianze, tra le quali quella di Rachele Mussolini –  sarebbe stato messo a punto da Marconi: fasci di microonde focalizzati sull'obiettivo capaci di neutralizzare motori in movimento o addirittura di eliminare truppe nemiche. Una vicenda priva di consistenza scientifica, che tuttavia lo scorso luglio è stata riportata alla ribalta da il Giornale e un paio d'anni fa inserita in una storia a fumetti di Martin Mystère, il “detective dell'impossibile”.

Fabio Pagan

5 ottobre 2010